Presentazione degli articoli

     Alcuni articoli trattano della pizzica pizzica, la ormai notissima danza salentina che un enorme successo sta ottenendo, a livello non soltanto nazionale, tra le giovani generazioni. Ho, infatti, voluto riflettere sul “perché” di tanto successo alla luce delle mie personali esperienze, frutto sia della mia ricerca sul campo che mi ha portato in giro per il Salento alla scoperta delle “fonti”, cioè degli anziani danzatori di pizzica pizzica, sia delle attività laboratoriali, effettuate presso la Scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo di Novoli (LE) negli anni scolastici 1999-2000, 2000-2001, 2001-2002. Il mio scopo è stato quello di consegnare il testimone della memoria alle giovani generazioni nella consapevolezza che, se è vero che il passato è tale perché non è più, è anche vero che esso rimane sempre la dimensione migliore nella quale crescere e con la quale misurarsi. Si radica, infatti, sempre più saldamente, soprattutto nell’immaginario collettivo, la convinzione che la conoscenza del passato non è mera erudizione, ma va vista come riappropriazione delle proprie radici, come modalità di approccio ideale al presente per una progettazione più seria e attenta del futuro.

    Le foto che corredano questi articoli ritraggono i miei alunni durante i seguenti spettacoli:

spettacolo di fine anno scolastico 1999-2000 nel cortile della Scuola Media di Novoli;

mini spettacolo in occasione della presentazione (11/01/2001) del programma della festa di S. Antonio Abate presso la sede dell’associazione turistica “Pro loco” nel palazzo baronale di Novoli;

festa di S. Antonio Abate in Piazza Tito Schipa a Novoli (16/01/2001), durante la quale per la prima volta sul ritmo della pizzica pizzica si eseguì l’“Inno alla focara” di Salvatore Epifani con coreografia di Patrizia Nuzzo;

spettacolo di fine anno scolastico (11/06/2001) nel cortile della Scuola Media di Novoli;

mini spettacolo per “La città del libro” di Campi Salentina (10/11/2001) per la presentazione del libro di Nicola Caputo De tarantulae anatome et morsu presso l’Istituto Calasanzio, dove l’alunna Anna Invidia eseguì magistralmente il ballo delle tarantate sulla musica del canto tradizionale “Santu Paulu ”;

spettacolo per Telethon a Veglie (Domenica 12/12/2001);

festa di S. Sebastiano (Domenica 10/02/2002), organizzata dalla Polizia municipale di Novoli nei locali della Chiesa matrice;

festa “Aria pulita” (21/03/2002), organizzata dal Comune di Novoli nelle varie piazze del paese;

spettacolo di fine anno scolastico (06/06/2002) presso “L’Oasi della luna” a Novoli, in cui i ragazzi nelle loro esecuzioni furono accompagnati con la chitarra e l’organetto dalla bravissima Anna Cinzia Villani (“La Katia Ricciarelli della musica popolare salentina”), che ringrazio unitamente a:

Patrizia Nuzzo (coreografa), Andrea Luperto (tamburellista), che mi hanno offerto la loro impagabile collaborazione;

Daniele Durante (il mitico animatore del Canzoniere Grecanico Salentino) per avermi concesso il permesso di utilizzare i suoi lavori discografici durante le lezioni;

i genitori degli alunni per aver provveduto ai costumi tradizionali;

Preside Vincenzo Rollo, fervente sostenitore dell’apertura della scuola al territorio, senza il cui appoggio il progetto del recupero delle tradizioni salentine a Novoli difficilmente sarebbe partito;

tutti gli alunni, che con la loro entusiastica partecipazione hanno contribuito non poco alla riscoperta e valorizzazione delle tradizioni salentine. Frutto del loro impegno, tra l’altro, la realizzazione di un CD, nel quale sono stati registrati moltissimi canti di lavoro, d’amore, di gioco, religiosi. Perché questo lavoro? Non abbiamo forse dovizia di produzione discografica intorno a quella che in modo un po’ spregiativo veniva considerata “bassa musica”? C’era proprio bisogno di un altro CD? Credo che quello che si fa a scuola dovrebbe essere degnamente pubblicizzato dalle istituzioni ed archiviato affinché ne rimanga traccia per le future generazioni di studenti.

     Un affettuoso pensiero va a Carrozzo Marianna, prematuramente volata in cielo, bravissima esecutrice de “La tabaccara” e de “La furtuna”. Ciao, Marianna!

     Nell'articolo intitolato “La tradizione della fòcara” ho voluto esternare, alla luce degli avvenimenti di questi ultimi anni, alcuni miei personali ricordi concernenti la costruzione della fòcara, la gigantesca pira di Novoli (LE), che più di uno studioso ormai chiama “ziggurat” perché da qualche decennio la fòcara viene costruita in forma di due-tre piani di tronchi di cono sovrapposti, mentre in precedenza, da fine Ottocento sino agli anni ottanta del secolo scorso, veniva eretta a forma di un unico cono detto “pignune”, perché assomigliava ad un grande pigna che richiamava la biga dei covoni di grano che i contadini allestivano sulle aie in attesa che il dono di Cerere venisse trebbiato. Strettamente collegato a questo è l'articolo intitolato “Le quisquiglie di Oronzo. Mazzotta”, nel quale ho voluto ribadire quanto sostenuto nel mio libro “Sulla fòcara di S. Antonio Abate a Novoli”, stampato nel novembre 2012 presso Cromografica S. r. l,. Roma per Gruppo Editoriale L’Espresso S. p. A.; e, cioè, che, allo stato della ricerca, non si può dire, come fa Oronzo Mazzotta, che al tempo del vescovo di Lecce Luigi Pappacoda a Novoli si costruisse la fòcara in onore di S. Antonio Abate, perché ancora non siamo in possesso di alcuna fonte di nessun tipo che possa suffragare tale ipotesi. Il documento più antico è della fine dell’Ottocento (1893, per l’esattezza), citato per primo da A. Mangeli, e da me pubblicato nella sua interezza.

     In altri articoli ho preso in esame la festa della Madonna di Novoli e l’omonima chiesa su cui credo di aver contribuito, attraverso l’analisi delle fonti archivistiche, a svelare la cruda realtà che si cela sotto il racconto leggendario che vorrebbe che, nel lontano anno del Signore 1707, nel piccolo paese di Novoli sarebbe apparsa la Madonna ad una idiota di nome Giovanna, alla quale avrebbe consegnato un pane che avrebbe fatto guarire i suoi compaesani da una brutta malattia che portava alla morte, e alla quale avrebbe fatto un’esplicita richiesta di volere che nel luogo dell’apparizione si erigesse una chiesa a lei dedicata.

     Un articolo è dedicato ai giochi di una volta, ormai scomparsi e che esistono soltanto come sbiaditi ricordi nella mente delle persone della mia età. 

     Ne I Mattei e la schiavitù il lettore troverà un ricco apparato documentario sul fenomeno, poco noto, della schiavitù, nei secoli XVI-XVIII in Lecce e Provincia, frutto della sua ricerca presso l'Archivio della Curia Arcivescovile di Lecce.

     Il testo Divin fuoco nasce dalla conoscenza da parte dell'autore di una tradizione orale raccolta a Tricarico e ad Ozieri relativa alla figura di sant'Antonio abate vista nei panni di eroe culturale. Tanto nella versione lucana che in quella sarda si evidenzia un particolare comune nell'espediente escogitato da sant'Antonio abate per rubare il fuoco ai diavoli dell'inferno: un bastone di ferula, la cui caratteristica è quella di bruciare nell'interno spugnoso in modo tale che esteriormente il fuoco non si vede affatto. Si tratta del medesimo trucco cui ricorse Prometeo, secondo la tradizione dell'antica Grecia, per rubare il fuoco divino a Zeus. Questa sorprendente convergenza diacronica e analogia fra mondo antico e immaginario folklorico attuale ha spronato l'autore a leggere e mettere insieme le fonti classiche relative alla vicenda del Titano Prometeo. Ne è venuta fuori una sorta di antologia commentata che potrebbe essere utile, soprattutto, ma non solo, alle giovani generazioni, le quali prenderanno coscienza di come il Cristianesimo seppe adattarsi a leggi e ad usanze preesistenti influenzandole e trasformandole, oppure dando loro una sanzione definitiva.

     Salvatore Epifani

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