Marciano, Colella, Parlangeli e Rohlfs: gli iniziati ai misteri di Novoli?

03.02.2014 13:56

           Novoli, Chiesa dell'Immacolata: Madonna con Bambino.

Nell'antichità classica, i misteri o religioni misteriche erano esperienze religiose di tipo esoterico e riti segreti per celebrare alcune divinità naturali. Per mistero, dal greco μυστήριον (cosa da tacere), s’intendeva un evento arcano, di cui non si doveva parlare pubblicamente, per- ché riservato agli iniziati. Esso designava i se- greti, ossia conoscenze inaccessibili, in ragione stessa della loro natura e della loro profondità, alla maggioranza degli uomini e riservate solo a quei pochi, dotati delle qualità intellettive e della sensibilità spirituale necessarie per acco- glierle ed interiorizzarle. Un livello di conoscen- za riservato a pochi eletti; quindi, esoterico nel senso pieno del termine ed iniziatico in quanto concernente il percorso interiore per l’inizio di una nuova vita.

     I Misteri nascono perché l’uomo si rese conto di quale fosse il suo destino: la morte. Per garantire l’immortalità tramite l’unione con la divinità sorsero i misteri di Iside e Osiride in Egitto; in Frigia di Attis e Cibele; in Grecia di Demetra e Kore.

     Le religioni misteriche, rispetto a quelle ufficiali, non si rivolgevano al cittadino, non officiavano riti affinché gli dei proteggessero lo Stato, ma si rivolgevano all’uomo, all’in- dividuo, che, entrando in stretta familiarità con la divinità, si creava un’aspettativa soteriologi- ca, ovvero la salvezza anche dopo la morte. Per questo motivo potevano prendervi parte tutti, a prescindere dalla loro classe sociale. Fu forse per questo che le classi tenute ai margini della società, le donne, gli schiavi, i meno abbienti, videro in tali culti la possibilità di trovare un’identità che spezzasse la logica dell’appar- tenenza sociale e divenisse invece esperienza personale, perché, nell’obbligo di osservare il più totale silenzio sull’essenza stessa dei riti, da un lato si creava un’altra comunità, quella degli iniziati, che s’incontravano separatamente, di notte, dall’altro ognuno instaurava un rapporto intimo con la divinità. In sintesi, le religioni misteriche seppero rispondere ai nuovi inter- rogativi sull’immortalità, sul reale rapporto tra mondo umano e mondo divino, tra corpo ed anima, collocando al centro del tutto quest’ ul- tima e riconoscendole un’origine divina. I misteri assicuravano la continuità dell’esistenza, la prosecuzione dell’essere, il divino rinascere, in cui la vita non è più esperienza del corpo, ma dell’anima. Infatti, la continuità tra madre e figlia (Kore è il grano in erba, Demetra è invece la spiga matura), che allude a quella tra morte e rinascita, indica che esse sono due aspetti di un unico processo, che, in quanto universale ed eterno, assicura la continuità dell’identità di ogni essere umano, non più legata ai vincoli spazio-tempo. La morte non è definitiva scom- parsa, ma il passaggio all’immortalità: il seme gettato nell’oscurità della terra non muore, non cessa di esistere solo perché non lo vediamo, ma si prepara al suo rito di passaggio, che lo condurrà alla nuova vita nella spiga di grano.

     I misteri più conosciuti erano i misteri eleusini, i misteri di Samotracia, i misteri orfico-pitagorici, quelli di Attis, quelli di Iside e Osiri- de e i misteri di Mitra. I più celebri, comunque, erano i misteri eleusini, che prendevano il nome dall’antica città greca di Eleusi ed erano legati al culto di Demetra e Kore-Persefone (la “Ma- dre” e la Figlia”, come venivano anche chiamate le due dee), che, pur non essendo, da un punto di vista prettamente teologico, le massime divi- nità del “pantheon” eleusino, lo erano, invece, nell’ambito dei Misteri, e sono sempre state le divinità femminili più venerate, sia in ambito eleusino che nell’intero mondo mediterraneo della classicità. A prescindere dal fatto che la dea Demetra istituì i Sacri Misteri ad Eleusi circa 3000 anni fa, molte sono le tracce della presenza di questa divinità in epoche precedenti. Tracce che ne fanno una delle divinità più antiche che siano mai state venerate dal genere umano. Fu, comunque, a partire dalla prima metà del periodo dorico (Alto Medioevo greco), per cause del tutto socio-economiche, che s’im- pose la figura di Demetra legata alla terra ed alla produzione agricola col rituale dell’esibizione della spiga, che, nel contesto dei Misteri, indica- va, oltre al legame con l’agricoltura, soprattutto il profondo concetto della nascita e della rein- carnazione. Nel periodo classico (700-600 a. C.), a causa della progressiva sostituzione della coltivazione del miglio con quella del grano, s’affermò a livello popolare la figura di una Demetra del grano.

     In un altro mio lavoro ho trattato il mito di Demetra-Persefone-Ecate, attraverso l’anali del- le fonti con particolare riguardo all’Inno ome- rico a Demetra, nel quale si narra molto bene la vicenda sacra del ratto di Kore, del viatico di dolore della Madre e dell’arrivo della dea ad Eleusi, dove fu elevato un tempio in suo onore e furono istituiti i Sacri Misteri che si svolgevano due volte l’anno in quanto la celebrazione prevedeva due fasi: i Piccoli e i Grandi Misteri.

     I Piccoli Misteri si svolgevano nel mese dei fiori Anthesterion (febbraio-marzo), e celebra- vano la nascita della natura, ovvero il ritorno di Kore sulla terra. Della durata di tre giorni, essi preparavano, purificando, ai Grandi Misteri, tramite meditazioni, preghiere, atti di penitenza, sacrifici.

     I Grandi Misteri avevano luogo nel mese di Boedromion (settembre-ottobre) e duravano 9 giorni, dal 15 al 23; ogni giorno gli iniziati se- guivano una serie di azioni rituali. Era questa la fase in cui quelli che non parlavano il greco o erano impuri venivano esclusi.

     I Mysteria non potevano essere celebrati al di fuori di Eleusi, luogo prescelto dalla dea Demetra e in cui, secondo il mito, Demetra volle che Celeo, re di Eleusi, costruisse un tempio a lei dedicato. Pertanto non fu possibile alcuna diffusione del culto al di fuori del luogo consacrato.

     Gli iniziati ottenevano la speranza, anzi la certezza, della vita dopo la morte. Non riceve- vano solo un insegnamento, ma avevano soprat- tutto una esperienza del divino che cambiava la loro coscienza. Tornavano a vivere la loro vita di ogni giorno come uomini liberi dal timore della morte.

     La figura di Demetra assume nel mito un ruolo particolarmente importante per la sua funzione di legislatrice, fondatrice dell'agricol- tura, custode della fertilità e della facoltà generatrice, protettrice delle istituzioni civili e familiari. Di qui il legame con i culti agrari della fecondità.

     Nonostante la condanna dei Padri della Chie- sa, i Misteri, che si erano celebrati per 2000 anni, continuarono ancora per centinaia di anni dopo l’arrivo del Cristianesimo. Il santuario di Eleusi fu chiuso nel 391 dall’imperatore Teodo- sio, la città di- strutta nel 395 d.C. dai Visigoti.

     Il lettore mi scuserà se ho aperto questo arti-colo con una lunga premessa che per lui, forse, non avrà alcuna importanza, dal momento che oggi, nel senso comune, il termine mistero ha il significato di un evento o di una cosa di cui non si conosce il significato; ma, se avrà la bontà di leggere fino alla fine, scoprirà che il riferimento alla cultura classica non è, poi, tanto peregrino.

     Che significato ha il termine “Noule”, italia- nizzato in “Novoli”? Orbene, bisogna sapere che fin dalla sua lontana origine il piccolo paese salentino aveva come denominazione ufficiale quella di Santa Maria de Novis, o de Nove, o de Noue, o Nova, o de Nouis, o di Novi, o di Nuuole, o delle Nuvole, o di Novule, o di Novo- le, o di Novoli, ecc. La prima parte in equivoca- bile della denominazione del paese, Santa Ma- ria, è scomparsa a partire dal XIX secolo, men- tre è sopravvissuta la seconda parte, molto opinabile: Novoli. Le cose stanno così; ma, non ci sentiamo di sottoscrivere quanto sostenuto da Oronzo Mazzotta quando afferma:

“I toponimi Santa Maria de Novis e Novoli ap- partengono alla storia. Il passaggio da Santa Maria de Novis a Novoli e il significato del- l’uno e dell’altro rimasero un mistero per gli ad- detti ai lavori, come Marciano, Colella, Parlan- geli e Rohlfs, e tali rimangono anche per me, con buona pace dei sincretisti, secondo i quali Novoli significa Santa Maria dei campi, delle messi e del grano e non è la Madonna che di- ciamo noi, ma Demetra madre della Terra” (O. Mazzotta, Novoli Ritorno alle radici. Alla ricer- ca di una identità perduta, Novoli, 2012, p. 11).

     Con questo modo di pensare, si manda alle ortiche non soltanto tutta la toponomastica, ma addirittura tutta la glottologia. Di quale topo- nimo si può essere sicuri al 100% sul suo signi- ficato e sulle sue origini? Dei quattro studiosi citati dal Mazzotta soltanto Oronzo Parlangeli (O. PARLANGELI,, Andamento della frequen- za dei cognomi studiati nel rapporto fra l’ele- mento greco e non greco nel Comune di Novoli, Milano, 1953, p. 131, dove l’illustre mio concit- tadino affermava che “[…] poco chiaro” è lo stesso suo nome Nòule, stranamente italianizza- to in Novoli”) non ha avuto il coraggio di arri- schiare una sua congettura; gli altri tre hanno cercato di dare il loro contributo.

     G. Marciano non ci dice affatto che sia mi- steriosa l’origine ed il significato di Santa Ma- ria di Nove. Anzi, per lo storico leveranese, origine e significato sono talmente chiari da far- gli dire, in polemica con altri suoi contempo- ranei, che gli abitanti di Porziano, abbandonato l’antico casale molto paludoso, si stabilirono in- torno alle tre chiese del Salvatore, di S. Giovan- ni e di S. Maria Madre del Signore “E rinnovata l’antica chiesa di S. Maria, l’abbracciarono per loro Chiesa madre, e chiamarono il Casale di S. Maria Nova, e non da nove Chiese, o da Nobile, come altri credono” (G. MARCIANO, Descri- zione, origini e successi della provincia d’O- tranto, Napoli, 1855, pp. 471-472).

     Da parte sua, G. Colella afferma: “Novoli è una forma di diminutivo locativo, *novulus ager, poi *novulus pagus cioè il “nuovo pae- sello” (cfr. Novi Ligure), quando non si abbia a ritenere come non meno probabile un composto bizantino *νεώβολι, “la nuova tenuta” (cfr. Gallipoli nella Lucania, il cui nome uguale alla cittadina di greca origine, indica tuttora una te- nuta boscosa della Lucania)”(G. COLELLA, Toponomastica pugliese dalle origini alla fine del Medio Evo, Trani, 1941, p. 443).

     Anche per il Colella, quindi, non era un mi- stero il significato del toponimo Novoli. E non lo era nemmeno per G. Rohlfs, per il quale tan- to il dialettale Noule che l’italianizzato Novoli hanno a che vedere col latino *novulum ‘no- vale’ (G. ROHLFS, Vocabolario dei dialetti sa- lentini (Terra d’Otranto), Galatina, 1976, p. 418). Cosicché la “Matonna te Noule”, come ancora oggi i novolesi denominano in dialetto la loro Santa protettrice, significa “Madonna del campo coltivato” (Verg.), o “delle messi” (Iuv., 14, 148), facendo derivare “Noule”, come dice G. ROHLFS, da “novale”. I significati di “novale” li abbiamo desunti dai seguenti voca- bolari latini: F. CALONGHI, Dizionario della lingua latina, Torino, 1955, p. 58; L. CASTI- GLIONI-S. MARIOTTI, Vocabolario della lin- gua latina, Torino, 1966, p. 962; nonché da ISIDORO, Etimologie o origini, a cura di An- gelo Valastro Canale, vol. II, pp. 292-293, Torino, 2006. Piaccia o non piaccia, la “Madon- na del campo coltivato”, la “Madonna delle messi”, richiama la mitica greca Demetra (Cere- re per i Romani), la “Madre Terra” (e non la “madre della Terra”, come dice Oronzo Maz- zotta), come i Greci interpretavano il nome Demetra (“Damater” forma ionica e “Demeter” attica).

     Molto interessante un articolo di Alessandro Laporta, il quale riferisce che, navigando in In- ternet, ha scoperto nella Chiesa di Maria Assunta di Moniego, frazione di Noale (Vene- zia) una statua di legno che raffigura la Madon- na con Gesù Bambino che riceve un pane (Cfr. A. LAPORTA, La Madonna del Pane in Irter- net, in Lu Puzzu te la Matonna, anno XVII, Novoli,18 luglio 2010, p.2). Collegandoci al sito del Comune di Noale ci siamo soffermati su una particolarità non sottolineata dal Laporta, e, cioè, che Noale deriva da Novalis, proprio come il paese di Novoli: “La Cittadina di “Novalis” – terra di nuovo utilizzo” –”, si legge tra le notizie storiche redatte dal Comune di Noale. Quindi, tanto la Madonna del Pane di Novoli che la Madonna del Pan di Moniego, “la cui etimolo- gia sarebbe da collegare alla presenza in loco di uno o più mulini” (IBIDEM) hanno a veder- sela con toponimi che indicano la terra dissodata di recente (o, in senso figurato, le messi, che il novale, appunto, produce) ed il mulino essen- ziale per la trasformazione del grano.

     Ci spieghiamo, allora, la ragione per la quale San Bernardino Realino sia stato l’unico a chiamare il paese salentino con la denomina- zione Santa Maria delle Nuvole nelle lettere ai Mattei signori di Novoli. Il dotto gesuita sapeva benissimo il significato del termine dialettale “Noule”. Era per lui inconcepibile che un paese, dov’egli era spesso di casa perché ospite dei Mattei, avesse una denominazione che sapesse di eresia. Certamente soltanto un eretico, un pa- gano, poteva chiamare la Madonna “S. Maria del campo, o delle messi, o del grano, o del pa- ne”. Una Madonna così denominata corri- spondeva perfettamente alla pagana dea Deme- tra (Cerere), che, per ricompensare i sovrani di Eleusi per l’ospitalità ricevuta, fece loro dono dell’agricoltura, delle messi, del grano, del pa- ne. Nel clima di odio e di intolleranza, proprio dell’età post Concilio di Trento (il tempo in cui visse il Realino), nessuno, uomini di Chiesa in primis, poteva osare parlare o scrivere usando termini che potessero seppur vagamente o in- consapevolmente suscitare la permalosità, la pignoleria di coloro i quali erano preposti a su-bito rintuzzare sul nascere qualsiasi idea che potesse essere di nocumento alla filosofia, alla teologia, alla morale cattolica. La Madonna “te Noule” è un’eresia, perché il pane ci viene dato non dal campo, da Demetra (Cerere), ma da Dio, che sta in cielo Sicché San Bernardino volutamente, non certamente per puro errore, chiama Novoli “S. Maria delle Nuvole”, perché anche la Madonna sta in cielo, non sulla terra. Ella fu assunta in cielo, proprio come il figlio Gesù, perché, parafrasando il titolo dell’opera di Marina Warner, “sola fra le donne”, era nata senza l’onta del peccato d’origine, e, pertanto, nemmeno il suo corpo doveva sottostare alla legge naturale della decomposizione. La Ma- donna, che appare sempre in cielo a San Bernardino, non poteva essere collocata sul campo, tra le messi. I filosofi direbbero che la Madonna non può essere immanente, ma trascendente. Il suo posto è nel cielo, accanto al figlio tanto amato; lei è “la Regina” del cielo. Il termine “nuvole” è un sorprendente rovescia- mento rispetto al termine “noule”: le nuvole che sono in cielo prendono il posto del campo, delle messi. Soltanto in questo modo il Realino, fervente devoto alla Madonna, può scrivere nelle sue lettere “S. Maria delle Nuvole”. Il san- to di Carpi, figlio dell’età barocca, figlio della Società di Gesù, figlio di un’epoca in cui si ri- correva facilmente alle manipolazioni, alle ipo- crite simulazioni e dissimulazioni, pur di poter raggiungere un determinato obiettivo, non fa eccezione a questa regola: il suo nobile fine di non vedere la Madonna degradata ad una qualsiasi divinità pagana legata alla terra, lo porta a commettere una evidentissima contraffazione.

     La medesima preoccupazione anima Oronzo Mazzotta quando afferma: “[…] con buona pace dei sincretisti, secondo i quali Novoli significa Santa Maria dei campi, delle messi e del grano e non è la Madonna che diciamo noi, ma Demetra madre della Terra”

     Ho voluto sottolineare il termine “sincretisti” e l’espressione “diciamo noi” perché dal Maz- zotta sono stati adoperati in contrapposizione l’uno dell’altra, arrogandosi indebitamente un “noi”, non sapendo evidentemente che il “sin- cretismo” è stato adoperato dalla Chiesa per integrare in sé gran parte della pagana cultura classica.

     Chiudo questo mio contributo dicendo che “per gli addetti ai lavori” Marciano, Colella e Rohlfs non era affatto un mistero il significato dei toponimi Noule e Novoli; lo fu soltanto per O. Parlangeli al quale O. Mazzotta ha voluto indebitamente affiancare gli altri tre studiosi da lui citati evidentemente per dare maggiore auto- revolezza ad un “mistero” che è tutto suo e che è libero di tenersi, ma che non può scari- care su altre persone che hanno studiato una vita per far avanzare la scienza.

Salvatore Epifani

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