La festa della "Mater Domini" a Novoli
Affresco nella Chiesa dell'Immacolata a Novoli.
Tutti i novolesi, come da tradizione, sanno che la Chiesa della Madonna del Pane è stata costruita dopo il presunto miracolo del 1707, allorché la Madonna apparve ad una giovane del paese, di nome Giovanna, alla quale consegnò un pane che avrebbe fatto guarire i suoi compaesani da una brutta malattia che portava alla morte, e alla quale fece un’esplicita richiesta di volere che nel luogo dell’apparizione si erigesse una chiesa a lei dedicata. Forse non tutti sanno, però, che quella Madonna dai novolesi fu identificata nella Madonna di Costantinopoli: questo, infatti, era il titolo col quale la Tutta Santa era venerata a Novoli fin dalle origini del casale che recava la denominazione di S. Maria de Novis, nella cui più antica chiesa parrocchiale, che il popolo a metà del XVII secolo chiamava “la chiesa vecchia”1, ma che nelle relazioni delle Sante Visite pastorali era denominata “Ecclesia: S.tae Matris Domini quae olim fuit parochialis”2, l’altare maggiore era dedicato alla Madonna di Costantinopoli.
Nella relazione della Santa Visita effettuata a Novoli nel 1657 dal Vescovo di Lecce, Mons. Luigi Pappacoda, si legge che nella cappella di Santa Maria Madre del Signore “sunt duo altaria, unus majus sub invocazione Sanctae Mariae de Constantinopoli […] alter […] sub invocazione S. Mariae Matris Domini, cujus imago est in pariete depicta”3. I novolesi, quindi, da sempre sono stati devoti della Madonna di Costantinopoli, una cui icona troneggia sull’altare della chiesa dell’Immacolata, come attualmente è detta l’antica e prima chiesa del paese di Novoli. Agli inizi, del XVIII secolo4 venne ingrandita una preesistente cappella anch’essa dedicata alla Madonna di Costantinopoli. I più anziani ricorderanno, poi, che con ‘Ntinu e ‘Ntina si chiamavano in dialetto fino a qualche anno fa le persone che ancora oggi portano il nome di Costantina, Costantino, Mario Costantino, Maria Costantina5, in onore della Beatissima Vergine cui un culto particolare era riservato nell’antica Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli dall’imperatore romano Costantino il Grande allorché nel 330 vi trasportò la capitale da Roma.
Per comprendere perché a Novoli, nel Salento ed in tutta la Puglia6 era molto venerata la Madonna col titolo di Beatissima Vergine di Costantinopoli, è necessario tenere presente le vicende che hanno per tanti secoli legato la nostra terra ai destini della Νέα Ρώμη7 (Nuova Roma). Il lettore, però, non si spaventi, perché non è mia intenzione tediarlo con un’arida esposizione della storia dell’impero bizantino che può trovare egregiamente esposta in tanti testi. Mi limiterò ad accennare ad alcune questioni sottese alla festa della “Madre di Dio”, per evidenziare come in un piccolo paese, in un microcosmo, troviamo riflessa la Storia politico-religiosa con la esse maiuscola, del macrocosmo, rappresentato nel nostro caso dall’Impero Romano d’Oriente.
Dicevo sopra che a Novoli, nella chiesa detta oggi dell’Immacolata, dietro l’altare c’è un’icona che rappresenta la Madonna in trono con in braccio Gesù bambino in piedi nell’atto di benedire. L’affresco, databile ai “primi decenni del secolo XIV”8, presenta chiaramente i monogrammi ΜΡ ΘΥ (dal greco Μήτηρ Θεοῦ, Madre di Dio), con i quali veniva espresso il concetto della maternità divina oltre che umana sancito, dopo aspre contese dottrinali, dal Concilio di Efeso nel 431. Senza entrare nei particolari delle controversie trinitarie acutissime nel IV-V secolo, si può sinteticamente affermare che due erano le scuole teologiche che si affrontavano come “due eserciti l’un contro l’altro armati”: la scuola di Alessandria e quella di Antiochia. Secondo la cristologia alessandrina, Maria può e deve essere detta Θεοτόκoς, cioè Genitrice di Dio; invece, secondo la cristologia antiochena, ciò non era ammissibile, in quanto si può soltanto indicare Maria come Madre del Cristo, nel senso che per natura Lei non può essere che la madre di un uomo. Questa ultima posizione assunse particolare rilievo quando fu fatta propria dal vescovo di Costantinopoli Nestorio, contro il quale si scagliò Cirillo di Alessandria. La controversia mise in subbuglio tutta la Chiesa tanto che, per ristabilire la pace, fu convocato nella Chiesa di Santa Maria di Efeso un Concilio che definì Maria Θεοτόκoς9.
Prima conseguenza di ciò fu l’intensificarsi del culto a Maria10 ed il diffondersi delle feste in suo onore11, tra le quali una molto cara alla pietà orientale: l’apparizione del Risorto alla Madre12. Un secondo effetto della definizione efesina fu il sorgere di molte chiese e santuari dedicati a Maria: “Χαίροις, Μαρία Θεοτόκε, […] δι᾿ἥν καὶ ἐν πόλεσιν καἱ ἐν κώμαις καἱ ἐν νήσοις Ἐκκλησίαι ὀρθοδόξων τεθεμελίωνται”13, esclamava S. Cirillo di Alessandria nell’assemblea conciliare di Efeso. Parallelamente alla edificazione di chiese, si sviluppò anche il culto delle sue reliquie e, in secondo momento, quello delle sue icone, allorché si diffuse la tradizione secondo la quale esse erano dei ritratti eseguiti dal vero dall’evangelista S. Luca.
A Novoli è attestata dalle relazioni relative alle Sante Visite pastorali per i secoli XVII e XVIII la festa della “Mater Domini”. Nella Santa Visita del 1667, effettuata da Mons. Luigi Pappacoda, leggiamo che la festa della Mater Domini “occurrit 3.a feria Pascalis Resurrect.nis Domini”14; in quella del 1792, effettuata da Mons. Salvatore Spinelli, abbiamo: “Cappella detta Mater Domini. È sui juris, un tempo era la Chiesa Parrocchiale dedicata alla Madre del Signore […] L’altare si mantiene a spese di Divoti, e della Confraternita, la quale celebra la festa a dì 8 Dicembre, e della Mater Domini nel martedì dopo Pasqua”15. Quindi, fino a tutto16 il 1700 è documentato che, a Novoli, il martedì dopo Pasqua si celebrava la festa della “Mater Domini” coincidente con la festa della “Madre del Risorto” del calendario liturgico bizantino. La festa della “Madre del Risorto”, poi, non era altro che la festa della Madonna di Costantinopoli o Madonna Odigitria che si celebrava nel santuario di Hodegon della capitale dell’Impero romano d’oriente il martedì di Pentecoste, oppure il martedì dopo Pasqua in altre chiese mariane bizantine17.
Da tenere presente, inoltre, che nella relazione della Santa Visita del 1953, effettuata da Mons. Francesco Minerva, troviamo un particolare molto importante: si dice che la festa “[…] di Mater Domini […] si faceva una volta il martedì dopo Pasqua con festa popolare esterna, antico culto al vecchio titolo della Cappella”18. Il Prof. Don Francesco Pellegrino, all’epoca Rettore della chiesa dell’Immacolata (già “Mater Domini”), nonché compilatore del questionario relativo alla suddetta visita del 1953, non ci ha fornito una descrizione della “festa popolare esterna”, ma, sulla scorta di quanto scritto nove anni prima da Padre A. Librandi, si può verosimilmente congetturare che dovevasi trattare di una sagra del pane, detta della cutura, o della cuddhura, dal greco κολλύρα19. Essa si svolgeva nelle vicinanze della chiesa, nel comprensorio denominato, appunto, “cutura”, un oliveto che troviamo descritto nell’Apprezzo dei beni dei Mattei, signori di Novoli, redatto nel 1707 da Donato Gallerano20.
A Novoli le cuddhure (dette panarieddhi e puddhiche cu ll’oe) sono ormai scomparse, non vengono più preparate dalle mamme per essere consumate dai propri figli in campagna il martedì di pasquetta. Chi volesse vederle può recarsi il lunedì dell’Angelo a S. Cesarea Terme per la tradizionale “Sagra della cuddhura”. Nella mattinata di questo giorno, infatti, sul sagrato della chiesa, dopo la benedizione, vengono distribuite le cuddhure, preparate la Domenica delle Palme. Nello stesso giorno a Noha (frazione di Galatina) si tiene la fiera della “Madonna della cuddhura”.
Una sollecitazione ad approfondire le conoscenze sull’origine storica del rito della “Madre della cutura” ci è stato offerto da Cosimo Caputo, il quale in un suo articolo del 1977 affermava che “[…] la sua origine oltre che liturgica è anche storica. Si sa, infatti, che in oriente una setta di donne, in occasione della festa della Madonna, si scambiavano tra loro dei pani benedetti, dette per questo della setta Colliridione [sic!]. Cessato tale rito, si mantenne il culto della Madonna sotto il titolo della Collura e che l’uso popolare trasformò in quello di Cutura”21.
S. Epifanio, vescovo di Salamina o Costanza di Cipro (368-403), nella sua opera più famosa intitolata Πανáριον o Adversus haereses (scritta tra il 374 ed il 377), ci informa dell'esistenza di una setta, composta soprattutto da donne, soprannominata i Colliridiani. Diffusa in Arabia, Tracia e Scizia Superiore (all’incirca a nord-ovest del Mar Nero), verso il IV secolo, era giunta alle orecchie del nostro Padre della Chiesa che profferisce parole di fuoco contro queste donne che al pari di tutte le donne sono qualificate come instabili, vacillanti e scarse d’intelligenza. Lascio la parola a S. Epifanio:
“Καὶ αὐτὴ δὲ ἡ αἵρεσις παλίν ἐν τῇ Ἀραβίᾳ ἀπὸ τῆς Θρᾴκης καὶ τῶν ἄνω μερῶν τῆς Σκυθίας ἀνεδείχθη, καὶ εἰς ἡμῶν ἀκοαéς ἀνηνέχθη· ἥτις ἐστὶ καὶ αὕτη γελοῖος καὶ χλεύης ἔμπλεως παρὰ τοῖς συνετοῖς εὑρισκομένη. Ἀρξόμεθα περὶ αὐτῆς φωρᾶσαι, καὶ τὰ κατ᾿αὐτὴν διηγήσασθαι. Εὐηθείσς γὰρ μᾶλλον κριθήσεται ἤπερ συνέσεως αὕτη· καθὼς καὶ ἄλλαι ὁμοϊαι ταύτῃ ἦσαν. Ὡς γὰρ ἄνω πολὺ διὰ τῆς πρὸς Μαρίαν ὔβρεως οἱ δόξαντες ταῦτα ὑπονοεῖν βλαβερὰς ὑπονοίας σπείρουσι λογισμοῖς ἀνθρώπων· οῦτω καὶ οὗτοι ἐπὶ τὸ ἕτερον μέρος κλίναντες, ἐν ἀκρότητι βλάβης καταλαμβάνοντες· ὅπως κἀκεῖν τὸ παρά τισι τῶν ἔξωθεν φιλοσόφων, ᾀδόμενον, καὶ ἐν αὐτοῖς πληρωθήσεται ἐν τῷ λέγειν· Μακαρότητες ἰσότητες. Ἴση γὰρ ἐπ᾿ἀμφοτέραις ταύταις ταῖς αἱρέσεσιν ἡ βλάβη· τῶν μὲν κατέυτελιζοντων τὴν ἁγίαν Παρθένον, τῶν δὲ πάλιν ὑπὲρ τὸ δέον δοξαζόντων. Οὗτοι γὰρ οἱ τοῦτο διδάσκοντες τίνες εἰσἱν ἀλλ᾿ἢ γυναῖκες ; Γυναικῶν γὰρ τὸ γένος εὐόλισθον, σφαλερὸν δὲ καὶ ταπεινὸν τῷ φρονήματι. Καὶ αὐτὸ γὰρ ἕδοξεν ἀπὸ γυναικῶν ὁ διάβολος ἐξεμεῖν· ὡς καὶ ἄνω παρὰ Κυϊντίλλῃ, καὶ Μαξιμίλλῃ, καὶ Πρισκίλλῃ περιγέλαστα τὰ διδάγματα, οὕτω καὶ ἐνταῦθα. Τινὲς γὰρ γυναῖκες κουρικόν τινα κοσμοῦσαι, ἤτοι δίφρον τετράγωνον, ἁπλώσασαι ἐπ᾿αὐτὸν ὀθόνην ἐν ἡμέρᾳ τιϝὶ φανερᾷ τοῦ ἔτους, ἐν ἡμέραις τισὶν ἄρτον προτιθέασι, καὶ ἀναφέρουσιν εἰς ὄνομα τῆς Μαρίας. Αἱ πᾶσαι δὲ ἀπὸ τοῦ ἄρτου μεταλαμβάνουσιν”.22.
Se in questo passo il termine adoperato per il pane è ἄρτος, che sta ad indicare il pane comune, quello che si mangia ogni giorno, verso la fine della confutazione dell’eresia colliridiana, S. Epifanio usa un altro termine più specifico, κολλυρίς che è diminutivo di κολλύρα, che significa pane biscottato; quindi un pane che si mangiava non giornalmente, ma nelle grandi occasioni, nelle feste solenni. Riporto il passo:
“Ἤτοι γὰρ ὡς αὐτὴν προσκυνοῦντες τὴν Μαρίαν, αὐτῇ προσφέρουσι τὴν κολλυρίδα αἱ ἀργαὶαὗται γυναῖκες: ἤτοι ὑπὲρ αὐτῆς προσφέρειν ἐπιχειροῦσι τὴν προειρημένην ταύτην σαθρὰν κάρπωσιν· τὸ πᾶν ἐστιν ἠλίθιον καὶ ἀλλότριον, καὶ ἐκ δαιμόνων κινήσεως, φρύαγμα τε καὶ ἀπᾴτη”23.
In questa comunità eretica le donne assumevano compiti sacerdotali contravvenendo alla Sacra Scrittura e alla successione apostolica. Il Santo Vescovo, pur ammettendo che nella chiesa ci dovessero essere delle diaconesse, da scegliersi tra le vedove vecchie24, tiene a precisare che è la parola di Dio a non consentire alle donne di avere nella Chiesa funzioni gerarchiche di magistero e di ministero, ma soltanto di assistenza, il loro compito consistente precipuamente nel salvaguardare il pudore femminile sia durante il battesimo (che allora avveniva per immersione) sia in occasione dell’esame di certe condizioni o malattie, e quando fosse necessario denudare il corpo di una donna, così che non fosse il sacerdote a vederla, ma l’assistente femmina nominata per l’occasione dal sacerdote medesimo affinché si occupasse della donna che ne avesse avuto bisogno mentre stava a corpo scoperto. Citando S. Paolo (1 Cor. XIV, 34), inoltre, afferma che non è consentito alle donne di parlare nella chiesa né di svolgere compiti superiori a quelli di un uomo25. Sostiene, poi, che se Dio, avesse voluto che le donne esercitassero la funzione sacerdotale, chi se non Maria avrebbe potuto adempiere tale incarico, lei che era stata resa degna di accogliere nel proprio ventre il Figlio di Dio; ma, la Provvidenza divina ha disposto diversamente e non ha voluto affidarle nemmeno il compito di am- ministrare il battesimo, giacché Cristo avrebbe potuto farsi battezzare da lei piuttosto che da Giovanni. Dice S. Epifanio:
“Ἐλεύσομαι δὲ καὶ εἰς τὴν Καινὴν Διαθήκην. Εἰ ἰερατεύξιν γυναῖκες Θεῷ προσετάσσοντο, ἢ κανονικὸν τι ἐργάζεσθαι ἐ Ἐκκλησίᾳ, ἔδει μᾶλλον αὐτὴν τὴν Μαρίαν ἱερατείαν ἐπιτελέσαι ἐν Καινῇ Διαθήκῃ· τὴν καταξιωθεῖσαν ἐν κόλποις ἰδίοις ὑποδέξασθαι τὸν παμβασιλέα Θεὸν ἐπουράνιον, Υιὸν τοῦ Θεοῦ· ἧς ἡ μήτρα, ναὸς γενομένη καὶ κατοικητήριον, εἰς τὴν τοῦ Κυρίου ἔνσαρκον οἰκονομίαν κατὰ φιλανθρωπίαν Θεοῦ καὶ ἔκπληκτον μυστήριον ἡτοιμάσθη. Ἀλλ᾿οὐκ εὐδόκησεν. Ἀλλ᾿οὐδὲ βάπτισμα διδόναι πεπίστευται· ἐπεὶ ἠδύνατο ὁ Χριστὸς μᾶλλον παρ᾿αὐτῇ βαπτισθῆναι ἤπερ παρὰ Ἰωάννου”26.
Ed aggiunge:
“Ποῖος προφητῶν ἐπέτρεψεν ἄνθρωπον προσκυνεῖσθαι, οὐ μὴν γυναῖκα λέγειν; Ἐξαίρετον μὲν γάρ ἐστι τὸ σκεῦος, ἀλλὰ γυνὴ, καὶ οὐδὲν τὴν φύσιν παρηλλαγμεèνη, τὴν δὲ γνώμην καὶ τὴν αἴσθησιν ἐν τιμῇ τετιμημένη, ὥσπερ τὰ σώματα τὼν ἁγίων”27.
Poiché Maria non è Dio, né ha ricevuto il suo corpo dal cielo, quasi non fosse stata concepita da un uomo e da una donna, S. Epifanio, introducendo, quattrocento anni prima del secondo Concilio di Nicea (787), la distinzione tra adorazione, dovuta soltanto a Dio, e giusta venerazione da tenersi nei confronti di Maria, degli angeli, dei santi, afferma categoricamente:
“Ἐν τιμῇ ἔστω Μαρία· ὁ δὲ Πατὴρ, καὶ Υἱὸς, καὶ ἅγιον Πνεῦμα προσκυνείσθω· τὴν Μαρίαν μηδεὶς προσκυνείτω. Οὐ λέγω γυναικὶ, ἀλλ᾿οὐδὲ ἀνδρὶ, Θεῷ προστέτακται τὸ μυστήπιον. Οὔτε ἄγγελοι χωροῦσι δοξολογίαν τοιαύτην”28.
Riassumendo quanto fin qui riportato, S. Epifanio afferma che queste sacerdotesse adoravano Maria come se fosse una dea autonoma, con rituali ben più antichi del Cristianesimo. Nella misura in cui in suo onore adornavano un carro o un trono quadrato, coprendolo con una stoffa, e, in certe solenni occasioni, vi ponevano sopra del pane e lo offrivano nel nome di Maria, facevano ricordare al santo di Cipro l'esempio degli Ebrei (condannati dal Profeta Geremia), che avevano fatto offerte del genere alla “Regina del Cielo” - in questo caso, Istar, l’Astarte greca, identificata con Afrodite a Cipro. Riporto il passo:
“Αὗται δὲ πάλιν ἀνακαινίζουσι τῇ τύχῃ τὸ κέρασμα, καὶ ἑτοιμάζουσι τῷ δαίμονι, καὶ οὐ Θεῷ, τὴν τράπεζαν, κατὰ τὸ γεγραμμένον· καὶ σιτοῦνται σῖτα ἀσεβείας, ὥς φησιν ὁ θεῖος λόγος· Καὶ αἱ γυναῖκες βουσι σταῖς, καὶ οἱ υἱοὶ συλλέξουσι ξύλα ποιῆσαι χαυῶνας τῇ στρατείᾳ τοῦ οὐρανοῦ. Φιμούσθωσαν ὑπὸ Ἰερεμίου αἱ τοιαῦται γυναῖκες, καὶ μὴ θορυβείτωσαν τὴν οἰκουμένην· μὴ λεγέτωσαν· Τιμῶμεν τὴν βασίλισσαν τοῦ οὐρανοῦ”29.
Questa è la settantanovesima nella lunga lista delle eresie criticate da S. Epifanio; eppure sembra più un'altra religione che una deviazione della religione cristiana: è l'antica religione pagana della Dea Madre, che si nasconde sotto la nuova manifestazione di Maria. Nel passaggio dal paganesimo al cristianesimo, ciò che prima era tributato alla dea della fecondità è ora offerto a Maria, nuova referente di un culto che permane inalterato nella sostanza, anche se mutato apparentemente nelle sue forme esteriori. Non si deve dimenticare che negli anni in cui S. Epifanio vive è in atto un vero e proprio attacco nei confronti dei vari culti pagani; sicché non deve sorprendere che tante persone, soprattutto quelle più deboli come le donne, abbracciassero la religione cristiana più per motivi di convenienza (si trattava spesso di salvare la vita) che per intima e genuina conversione. Circostanza questa egregiamente sottolineata da J. Burckhardt quando afferma:
“Una religione nuova può porsi accanto a quella antica, può spartirsi il mondo con essa, ma è impossibile che la scacci per parte sua, nemmeno qualora abbia per sé le masse, a meno che non intervenga il potere statale. Ogni religione colta di rango elevato è forse relativamente eterna […], qualora i suoi avversari non riescano a sollevare tale potere contro di essa. Dinanzi alla violenza soccombono tutte se questa viene usata in modo conseguente, e tanto più se si tratta di un unico, inevitabile impero mondiale come quello romano. […] Senza la legislazione imperiale da Costantino fino a Teodosio, la religione greco-romana vivrebbe ancora oggi”30.
Salvatore Epifani
Note
1. Archivio della Curia Arcivescovile di Lecce (=ACAL), Sante Visite, busta 6, fascicolo 15, f. 347v; cfr. anche: ACAL Sante Visite, busta 12, fascicolo 25, f. 541v; ACAL, Sante Visite, busta 14, fascicolo 28, f. 489v.
2. ACAL, Sante Visite, busta 2, fascicolo 8, f. 151r; cfr. anche ACAL, Sante Visite, busta 3, fascicolo 10, f. 111v.
3. ACAL, Sante Visite, busta 8, fascicolo 17, f. 323v. Dei due altari identica indicazione si trova in ACAL, Sante Visite, busta 9, fascicolo 20, f. 349r.
4. Sulle origini della chiesa della Madonna di Costantinopoli a Novoli vedi il nostro contributo nell’articolo intitolato La chiesa della Madonna di Costantinopoli a Novoli: alla ricerca delle fonti, in “Lu Furgularu”, anno VIII, 17 Gennaio 2011, pp.48-52.
5. Una ricerca effettuata presso l’ufficio anagrafe del Comune di Novoli tendente ad appurare la ricorrenza del nome Costantino/a, Mario/a Costantino/a, Costantino/a Mario/a nell’arco di tempo dal 01.01.1900 al 21.03.2008 ha dato questi risultati: Costantino: n. 34; Costantina: n. 29; Mario Costantino: n. 2; Maria Costantina: n. 20; Costantino Mario: n. 2; Costantina Maria: n. 1.
6. A chi è impossibilitato di fare il turista religioso consiglio la lettura del testo di A. PUTIGNANO, La Madonna di Costantinopoli in Puglia, Cavallino (Lecce), 2007, da cui si apprenderà che in 34 paesi del Salento, più di un terzo, è attestato il culto della Madonna di Costantinopoli. Le pp.157-158 sono dedicate a Novoli.
7.Cfr. G. GARIB, Maria madre di Dio nell’Oriente cristiano, Roma 2000, p. 83; G. DAGRON, Costantinopoli. Nascita di una capitale (330-451), traduzione di Aldo Serafini, Torino, 1991(titolo originale Naissance d’une capitale. Costantinople et ses institutions de 330 à 451, Paris, 1974), pp. 41-45.
8. A. A. VETRUGNO, Rinascimento “tradito”. Studi di storia dell’arte salentina tra ‘400 e 500, Galatina, 2006, p. 49.
9. Θεοτόκoς, secondo G. Giamberardini, è un termine greco usato ad Alessandria nei primi secoli dopo Cristo. Il pensiero cristiano può essere stato influenzato dalla presenza del titolo di “Madre di Dio” per Iside, genitrice di Orus. L’adattamento è stato forse la prima volta nel copto del secondo secolo allorché trovasi il termine “Masnooti” o “Maynouti”, dove “Mas” = genitrice, “May” = madre, “Nouti” = Dio. Plausibile è, quindi, ritenere che gli egiziani, che già avevano il titolo di “madre di Dio”, non trovassero inaccettabile l’offerta della religione cristiana, la quale prospettava Maria quale genitrice del Verbo divino fattosi carne. Il titolo dalla lingua copta passò poi a quella greca (Cfr. G. GIAMBERARDINI, Il “Sub tuum presidium” e il titolo “Theotokos”nella tradizione egiziana, in “Marianum”, 31 (1969), pp. 350-362.
10. Dice Th. Koehler : “Dopo secoli di lotta contro il paganesimo, dopo una lunga maturazione della preghiera cristiana a Dio nel contesto cristologico ed ecclesiale, dopo la lenta formazione del culto dei martiri, nella subordinazione del culto di latria, dovuto a Dio, ecco il culto mariano che si afferma come esigenza della fede e senza alcuna contaminazione che avrebbe potuto corromperlo” (TH. KOEHLER, Maria nei primi secoli, Vercelli, 1971, pp. 104-105).
11. L’imperatore Giustiniano stabilì al 25 marzo la celebrazione dell’Annunciazione ed istituì la festa della Natività di Maria (8 settembre) e Sua presentazione al Tempio (21 novembre). L’imperatore Maurizio stabilì la festa della Dormizione (Koimesis) al 15 agosto; inoltre, istituì la funzione del venerdì alle Blacherne, la cosiddetta presbeia, o “intercessione”. Cfr.: M. JUGIE, La première fete mariale en Oriente t en Occident, l’avent primitiv, « E’chos d’Orient », 22 (1923), pp. 129-152 ; IDEM, La mort et l’assomption de la Sainte Vierge, étude historicodoctrinale, Città del Vaticano, 1944, p. 174.
12.Cfr. GIANELLI, Témoignages patristiques grecs en faveur d’une apparition du Christ ressuscité à la Vierge Marie, in «Revue des études byzantines» 11 (1953), pp. 106-119; articolo ripreso in C. GIANELLI, Scripta Minora, in «Studi bizantini e neoellenici» 10(1963), pp.175-188.
13.J. P. MIGNE, Patrologiae graecae (=PG), tomus LXXVII, Parisiis, 1863, col. 1033 B (col. 1034 testo in latino: “Salve, Maria Deipara,…propter quam in civitatibus, in pagis et in insulis orthodoxorum fundatae sunt Ecclesiae”). Traduzione del testo greco: “Salve, o Maria, Madre di Dio, al cui nome, sia nelle città che nei villaggi e nelle isole, si levano chiese dai veri credenti”. Sulle chiese sorte in Costantinopoli vedi G. DAGRON, Costantinopoli, op. cit., pp. 393-415; B. V. PENTCHEVA, Icone e potere. La Madre di Dio a Bisanzio, traduzione di Anna Regalzi, Milano, 2010, pp. 12-41.
14.Cfr. ACAL, Sante Visite, 1667, busta 12, fascicolo 25, f. 503v; identica espressione troviamo in ACAL, Sante Visite, 1670, busta 14, fascicolo 28, f.490v ed in ACAL, Sante Visite, 1746, busta 30, fascicolo 141, f. 76v.
15.ACAL, Sante Visite, 1792, busta 35, fascicolo 196, f. 34rv.
16.A Gilberto Spagnolo e ad Agostino Paolo Vetrugno, che sostengono che “almeno fino alla metà” del secolo XVIII la festa della “Madre del Signore” si celebrava nella “feria tertia Pascalis Resurrectionis”, è sfuggita la relazione della Santa Visita del 1792. Vedi: G. SPAGNOLO, Storia di Novoli. Note e approfondimenti, Lecce, 1990, p. 22; P. A. VETRUGNO, Rinascimento “tradito…”, op. cit., p. 46.
17 Cfr. G. FERRARI, La dottrina e l’eortologia mariana nella tradizione orientale, in Testi mariani del secondo millennio. 1. Autori orientali (secc. XI-XX), a cura di Georges Gharib ed Ermanno M. Toniolo, Roma, 2007, pp. 858-859.
18.ACAL, Sante Visite, 1953, busta 49, fascicolo 419, p. 7 dell’allegato Questionario inviato da Lecce il 15 dicembre 1952 e restituito il 21 gennaio 1953 dal Rettore Rev. Prof. D. Francesco Pellegrino.
19.Cfr. A. LIBRANDI, Corone Salentine, Manduria (Taranto), 1973, p. 26. In quest’opuscolo il passionista padre Anselmo pubblicò il Panegirico della Madonna del Pane da lui recitato nella Matrice di Novoli il 16 luglio 1944.
20.Cfr. Apprezzo del feudo di S. Maria de Nove e del feudo di Nubilo o Convento fatto nel 1707 da Donato Gallarano”, copia dattiloscritta, pp. 27, 39, 40-41.
21.C. CAPUTO, Cenni sulle origini del culto mariano in Novoli, in “Paise miu”, n. 1, Novoli, 1977, p. 2. Caputo scrive “Colliridione” invece di “Colliridiani”.
22.S. EPIFANIO, Haereses, 78, 1, in J. P. MIGNE, Patrologiae graecae tomus (=PG) XLII, Parisiis, 1863, coll. 740 CD-741 A. (Testo latino a fronte 739-742, I: “Haec enim haeresin in Arabiam e thracia ac superiore Scythia diffusa ad aures usque nostras pervenit. Quae quidem apud prudentes nomine ridicula ac ludibrio digna censetur. Sed nos errores illius detegere, ac quid ipsa profiteatur aperire conabimur; nec dubito quin stultitiae plurimum, sapientiae ne minimum quidem habere judicetur: cujusmodi caeteras omnes huic affines esse cognovimus. Nam ut paulo ante, qui superiorem illam sectam amplexi sunt, contumeliosas in B. Birginem opiniones hominum ingeniis asperserunt; sic isti contrariam in partem declinantes, estrema in noxam ac perniciem inciderunt, ut gentilium philosophorum celebre illud dictum in ipsis comprobetur: Extremitates aequalitates esse. Siquidem par et idem ex ambatus haeresibus detrimentum accidit, cu malli sacrosanctae Virginis dignitatem elevent, alii praeter modum ac rationem attollant. Nam quod ad posterius hoc dogmapertinet, quosnam, praeter mulierculas, autore ac patronos habet? Quod genus lubricum, et in errorem proclive, ac pusilli admodum et augusti animi esse solet. Per eas itaque diabolus evomuisse illud videtur, idemque hac in parte fecisse, quod per Quintillam, ac Maximillam, et Priscillam in ridiculis illis disseminandis erroribus praestiterat. Etenim mulieres quaedam currum, sive sellam quadratam adornantes, ac linteo desuper extento, solemni tempore, per aliquot dies panem proponunt, et in Mariae nomen offerunt. Tum ad unam omnes illo vescuntur”). Traduzione del testo greco: “Questa eresia, diffusa in Arabia, nella Tracia e nella parte superiore della Scizia, è giunta fino alle nostre orecchie. Gli uomini prudenti la giudicano ridicola e degna di disprezzo. Ma noi cercheremo di smascherarne gli errori e di esporne la dottrina, che viene giudicata molto più ricca di scempiaggine che non di saggezza. Dello stesso calibro sono le altre eresie ad essa simili. Mentre i membri di quella setta di cui abbiamo parlato poco fa, con calcoli umani, disseminano idee irriguardose nei confronti di Maria, questi, inclinando verso l’estremo opposto, sono giunti all’apice dell’iniquità, fino al punto cioè di confermare con la loro condotta quel celebre detto di alcuni filosofi pagani: ‘Gli estremi si toccano’. Pertanto sono pari i danni derivati dall’una e dall’altra di queste eresie: gli uni disprezzano la santa Vergine, gli altri la onorano al di là del lecito. Ma chi sono quelli che seguono il secondo errore se non donne soprattutto? Le donne infatti sono instabili, vacillanti, e scarse di intelligenza. Sembra che proprio tramite loro il diavolo abbia vomitato questo errore ed abbia creato in queste regioni la medesima situazione che altrove aveva causato disseminando quei ridicoli errori di cui si fecero campioni Quintilla, Massimilla e Priscilla. Infatti alcune di queste donne, in un periodo dell’anno da loro considerato solenne, dopo aver adornato un carro o una panca quadrata, vi stendono sopra una tela e durante alcuni giorni espongono su di essa del pane, che poi offrono nel nome di Maria. Alla fine se ne cibano tutte insieme”. Per poter comprendere perché S. Epifanio chiami “secondo errore” quello della setta dei Colliridiani, bisogna tenere presente che, immediatamente prima di questa, aveva confutato la setta degli “Antidicomarianiti”, che incorrevano nell’errore opposto rispetto a quello commesso dai Colliridiani. Mentre questi ultimi divinizzavano Maria, gli Antidicomarianiti osavano dichiarare che la Santa Vergine, dopo la nascita del Cristo, si fosse unita carnalmente a S. Giuseppe, negandone quindi la verginità (Cfr. IDEM, coll. 699-739).
23.IDEM, col. 753 C. (Testo latino a fronte 754, IX: “Nam aut Mariam ipsam adorantes collyridem huic otiosae mulieres offerunt; aut pro ipsa absurdam illam et ridiculam oblationem instituunt. Utrumque vero stolidum est, et a daemone profectum nihil praeter ostentationem fraudemque continet). Traduzione del testo greco: “Infatti o le odiose donne adorando la stessa Maria offrono a questa il piccolo pane; o istituiscono per lei stessa quell’assurda e ridicole offerta. Entrambe le cose sono insane, e derivando dal diavolo non contengono niente tranne l’ostentazione e l’inganno”. In un passaggio del discorso fatto contro la setta degli “Antidicomarianiti”, ma con esplicito riferimento ai Colliridiani, S. Epifanio usa il medesimo termine κολλυρίς: “Διηγοῦνται γὰρ, ὥς τινες γυναῖκες ἐκεῖσε ἐν τῇ Ἀραβίᾳ ἀπό τῶν μερῶν τῆς Θρᾴκης τοῦτό γε τὸ κενοφώνημα ἐνηνόχασιν, ὡς εἰς ὄνομα τῆς Ἀειπαρθένου κολλυρίδα τινὰ ἐπιτελεῖν, καὶ συνάγεσθαι ἐπιτοαυτὸ, καὶ εἰς ὄνομα τῆς ἁγίας Παρθένου ὑπὲρ τὸ μέτρον τι πειρᾶσθαι ἀθεμίτῳ καὶ βλασφήμῳ ἐπιχειρεῖν πράγματι, καὶ εἰς ὄνομα αὐτῆς ἱερουργεῖν διὰ γυναικῶν· (IDEM, col. 736 B C; testo latino a fronte 735, XXIII: “Ferunt enim mulierculas quasdam in Arabia, quo e Thracia profectae erant, novum illud dogma commentas fuisse: adeo ut in Virginis nomen et honorem collyridem sive tortam panis sacrificantes offerant et conventus habeant: in sanctissimae, inquam, Virginis nomen modum omnem praetergressos, nefariam rem, et cum Dei contumelia conjunctam aggredi, hoc est in illius nomen per mulieres sacrificia facere”). Traduzione del testo greco: “Narrano infatti che alcune donne là in Arabia quella frivolezza invero hanno portato dalle parti della Tracia, che in nome della Semprevergine offrono un piccolo pane, e vi si riuniscono, e in nome della santa Vergine oltrepassando ogni misura, si accingono a fare cosa scellerata e oltraggiosa, questo è nel nome di lei fare sacrifici da parte delle donne”.
24.Cfr. IDEM, col. 745 A.
25.Cfr. IDEM, coll. 744D-745A.
26.Cfr. IDEM, col. 743 A-B. (Testo latino a fronte 743, III: “Atque ut ad Novum Testamentum accedamus, si sacerdotium mulieribus mandatum foret, aut canonicum quiddam praestare in Ecclesia liceret, nulli potius quam Mariae illud in Novo Testamento committi sacerdotis officium debuit; cui tantus honor est habitus, ut gremio sinuque suo regem omnium, ac celeste Deum, Deique Filium exciperet: cujus uterus, velut pemplum, ac domicilium ad divini Verbi incarnatiorem singulari est benigni tate Dei magno ac stupendo mysterio praeparatus. Verum longe deo aliter est visum, ac ne baptizandi quidem potestas est illi facta, cum alioqui tingi ab illa Christus potius quam ab Ioanne potuisse”). Traduzione del testo greco: “Ma veniamo al Nuovo Testamento. Se Dio avesse disposto che le donne esercitassero il sacerdozio o qualche funzione canonica nella Chiesa, chi meglio di Maria avrebbe potuto adempiere la funzione sacerdotale nel Nuovo Testamento, lei che era stata resa degna di accogliere nel proprio ventre il Re universale, il Dio celeste, il Figlio di Dio; lei il cui utero divenne il tempio e il domicilio in cui il Signore realizzò l’economia della sua Incarnazione, secondo l’amore di Dio per gli uomini e che fu resa indispensabile allo sbalorditivo mistero? Ma il Signore ha disposto diversamente e non ha voluto affidarle nemmeno il compito di amministrare il battesimo, giacché Cristo avrebbe potuto farsi battezzare da lei piuttosto che da Giovanni”.
27.IDEM, col. 748 A. (Testo latino a fronte 747, V: “Quis prophetarum unquam vel nomine adorari, nedum mulierem permisit? Quamquam enim selectum quoddam vas atque eximium sit, nihilominus mulier est, ejusdemque cum caeteris naturae, licet animo atque sensu amplissimis honoribus affecta sit; perinde ac reliquorum sanctorum corpora) Traduzione del testo greco: “Chi mai tra i profeti permise che venisse adorato un uomo o tanto meno una donna? Maria dunque, sebbene appaia quale vaso onorabile, è pur sempre una donna e non è per nulla differente dalla comune natura della donna, anche se è stata colmata di onore nell’anima e nel corpo, come accade per i corpi dei santi”.
28.IDEM, col. 752 A. (Testo latino a fronte 751, VII: “Honoretur sane Maria: Pater vero, Filius et Spiritus sanctus adorentur; Mariam adorare nemo velit. Non eni mulieri, ac ne viro quidem, sed uni Deo mysterium illud cultusque tribuitur: adeo ut nec angeli ipsi tanto honori pares esse videantur”). Traduzione del testo greco: “Sia pure onorata Maria, mentre il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo debbono essere adorati. Nessuno si permetta di adorare Maria. Dico che né ad una donna né ad un uomo, ma a Dio solo deve essere reso il culto che si celebra nel mistero, dal momento che neppure gli angeli sembrano degni di una simile dossologia”.
29.IDEM, col. 752 C. (Testo latino a fronte 751, VIII: Quamobrem hujus sectae mulieres illud denuo offerendum fortunae poculum instaurant, ac daemoni, non Deo, mensam instruunt, uti scriptum est; ac cibis impiis vescuntur: id quod sacrae Litterae testantur: Mulieres subigunt farinam, et filii colligunt ligna, ut faciant placentas militiae caeli. Ejusmodi mulierculis Jeremias os obstruat; nec amplius terrarum orbem conturbent, neve istud jactitent: Caeli reginam honoramus). Traduzione del testo greco: “E quindi le stesse [donne di questa setta] rinnovano la pozione alla fortuna, e preparano la mensa al diavolo, e non a Dio, secondo quello che è scritto; e mangiano pani empi, come dice la sacra Scrittura: E le donne impastano farina, e i figli raccolgono legna per fare focacce per la stratega del cielo. Siffatte donne sono ridotte al silenzio da Geremia, perché non turbino il mondo; né dicano: Onoriamo la regina del cielo”. Il riferimento è a Geremia VII, 18 (“I figli raccolgono la legna e i padri accendono il fuoco e le donne intridono la pasta per fare focacce alla regina del cielo”. Citazione da La Bibbia, con introduzioni e note di A. Girlanda, P. Gironi, F. Pasquero, G. Ravasi, P. Rossano, S. Virgulin, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1987, p. 1237.) ed a Geremia XLIV, 17-25, in cui il profeta ha un lungo faccia a faccia con le donne ebree ostinate nel loro culto nei riguardi della “Regina del cielo” (Astarte).
30.J. BURCKHARDT, Riflessioni sulla storia universale, Milano, 1966, pp. 79-80.