La Chiesa della Madonna di Costantinopoli a Novoli: alla ricerca delle fonti.

04.02.2014 14:01

Altare maggiore della Chiesa della Madonna di Costantinopoli a Novoli.

La chiesa della Madonna di Costantinopoli a Novoli: 

alla ricerca delle fonti

 

Un turista, presente a Novoli nel mese di luglio durante i festeggiamenti in onore della Madonna, volendo essere edotto sulla storia di tale rito religioso, invano si è recato per avere notizie nella Chiesa dedicata alla Vergine che trovasi sulla via che conduce a Veglie. All’esterno non c’è nessuna indicazione che ne riveli denominazione e storia. All’interno, più o meno al centro della navata sinistra accanto all’edicola contenente la statua della Madonna, da due anni in qua si può leggere su una lastra marmorea affissa durante la novena del luglio 2008, ma recante la data del “15 Luglio 2007”, che trattasi della “Chiesa di Maria SS. del Pane” e che la suddetta lastra è stata eretta “ricorrendo il XXV anniversario dell’erezione a parrocchia” della medesima Chiesa [nonché] il III centenario della miracolosa apparizione di Maria SS. in Novoli”. Nessun’ altra notizia è offerta alla curiosità di sapere del nostro turista che, parafrasando il titolo di una nota trasmissione televisiva, “per caso” è capitato nel paese salentino famoso per la sua “focara”, ma non per l’apparizione della Madonna del 1707. Per saperne di più, il nostro ha comprato in edicola il numero unico Lu Puzzu te la Matonna, che da diciassette anni ospita articoli di cultura, arte e storia locale, redatti soprattutto da paesani, anche se non mancano contributi di studiosi forestieri. Allettato da quanto affermato nell’articolo di apertura che “Lu Puzzu te la Matonna è nato […] con la precisa intenzione di archiviare briciole di documenti storici […] che hanno a che fare con la nostra Novoli cercando di preservare e valorizzare la civiltà dei nostri progenitori”1, egli è stato attratto subito da un articolo dal titolo Il tempio di Maria SS.ma a Novoli di Emanuela Conte. Ciò che ha attirato l’attenzione del “curioso” escursionista sono i riferimenti storici presenti nell’articolo della Conte, la quale, però, forse per errori di stampa, non ha inserito nel testo i numeri relativi alle note indicate in una tabellina rettangolare in calce alla pagina 7 del numero unico. Per verificare l’esattezza di quanto riportato, dopo aver chiesto un po’ in giro tra gli studiosi del paese, il nostro ha deciso di effettuare una ricerca presso l’archivio della locale chiesa matrice nonché, recandosi a Lecce, presso l’archivio della diocesi della curia arcivescovile. Seguiamolo step by step, perché scopriremo cose molto interessanti che il nostro “turista per caso” mi ha confidato prima del rientro nel suo luogo natio con l’obbligo da parte mia di farne oggetto di una piccola pubblicazione.

Emanuela Conte esordisce affermando: “Una prima descrizione della chiesa della Madonna del Pane è quella fatta dal Gallerano nel 1707 il quale, presentando alcune cappelle ubicate fuori del centro abitato, afferma, tra l’altro, che ve n’è ‘una fatta da poco tempo detta la Conella, sotto il titolo di Santa Maria di Costantinopoli, con Altare della Madre santissima…’”2. Questo è molto importante perché ci dice che in data 24 marzo 17073, allorché il Gallerano ultimò di effettuare la stima dei beni del feudo di Novoli e Villa Convento, la chiesa della Madonna di Costantinopoli era recentissima, era “nuova”, come lo stesso Gallerano ci attesta affermando: “Nella via di Forzano [Via Veglie, ndr.] avanti la nuova Chiesa di Costantinopoli, poco distante dall’abitato…”4. L’amico turista mi ha confessato di essere rimasto un po’ deluso di come la Conte ha trattato il documento del Gallerano per una serie di motivi:

a) per non aver trovato la “prima descrizione” della chiesa, come afferma la Conte, ma soltanto il titolo del tempio dedicato a Santa Maria di Costantinopoli avente l’altare consacrato alla Madonna;

b) per il modo troppo sbrigativo col quale E. Conte liquida la notizia offertaci dal Gallerano allorché sostiene: “Questo, però, non ci dice con certezza se la chiesa fu costruita ex novo oppure se venne ampliata una cappella eretta anni prima”5;

c) perché una chiesa “nuova” nel 1707 non può assolutamente nel volgere di pochissimi anni, appena 12 nel 1719, trasformarsi nella “piccola e fatiscente cappella”, come sostiene la Conte nel capoverso successivo a quello succitato;

d) per non aver trovato nessun documento che confermi quanto da E. Conte sostenuto nel medesimo capoverso, e, cioè, che: “Nel 1719 il sindaco del tempo, Pietro Mazzotta (1719-1720), chiese al vescovo di Lecce, S. E. mons. Fabrizio Pignatelli, venuto a Novoli in Santa Visita il 19 giugno dello stesso anno, il permesso di ingrandire la piccola e fatiscente cappella. L’alto prelato esaudì la richiesta e, grazie alle offerte dei fedeli novolesi e dei comuni circonvicini, sorse il grazioso tempietto”6;

e) perché la Conte ha “giocato” con le fonti che ha consultato per produrre il suo articolo; infatti, ha tenuto presente senz’altro un articolo del 1982 di Gilberto Spagnolo, nel quale si afferma: “(Per) la cadente cappelletta…il sindaco del tempo si presentò al Vescovo Mons. Fabrizio Pignatelli venuto a Novoli in sacra visita il 19 giugno del 1719 e gli chiese, a nome dei Novolesi, di ingrandire la piccola cappella. Il Vescovo esaudì la richiesta e così, con le offerte dei nostri antenati e di quelle della gente dei paesi vicini, sorse la Chiesa della Madonna del Pane”7. Poiché G. Spagnolo, non riferisce il nome del sindaco di Novoli in carica nel 1719, E. Conte lo ha desunto, come da lei stessa indicato nella nota 2 del suo articolo8, dalla p. 140 del libro di O. MAZZOTTA, Novoli (1806-1931), Novoli, 1990, che alle pp. 139-141 contiene l’Appendice relativa ai Sindaci e Podestà di Novoli dal 1585 al 1939. Inoltre, G. Spagnolo non indica la fonte in base alla quale egli possa sostenere che, in occasione della Santa Visita effettuata dal vescovo Fabrizio Pignatelli, il sindaco di Novoli avrebbe chiesto al prelato leccese di ingrandire quella che vien qualifica “piccola” e “cadente cappelletta”; cosicché, da parte della Conte era necessario e doveroso, prima di scrivere, verificare quanto sostenuto da chi l’ha preceduta perché di estrema importanza per la ricostruzione della storia della chiesa della Madonna di Costantinopoli.

Il nostro “turista per caso”, inoltre, mi ha detto che la citazione del Gallerano da parte della Conte non è completa in quanto continua dandoci un’ulteriore importantissima notizia relativa all’esistenza presso la Chiesa della Madonna di Costantinopoli di un “legato per l’elemosina di farsi celebrare le messe alli [sic!] giorni festivi”9.

Questo legato potrebbe essere quello di Giuseppe Mazzotta, il quale il 21 agosto 1668 donò al Capitolo 40 ducati per celebrare 24 messe10. Con sicurezza, quindi, fin quando non saranno trovati altri documenti, si può affermare che la chiesa della Madonna di Costantinopoli esiste sin dal 1668. D’altra parte, la predetta chiesa è indicata anche nelle relazioni delle Sante Visite effettuate a Novoli nel 1670 e nel 1672 rispettivamente dai vescovi di Lecce Luigi Pappacoda ed Antonio Pignatelli11.

Sopra ho detto che il legato menzionato dal Gallerano “potrebbe” essere quello del 1668, ma potrebbe anche essere un altro; infatti, nella relazione della Santa Visita del 1746 effettuata a Novoli dal vescovo di Lecce Mons. Scipione Sersale si ha notizia di un legato di Santo Prato del 6 agosto 1696 (e non 1606 come riporta M. DE MARCO nella sua Storia di Novoli12). Riporto testualmente dalla relazione: “In eo Altari adest legatum a […] Santo Prato[…] favore hujus Rev. Cleri cum onere celebrandi in qualibet 3a Dom:ca et alterum alio die festivo pro An.a ipsius fundatoris, et cum dote Capitalij Census in summa ducatorum 30 ut ex test.o Rogo die 6 Augusti 1696.”13. La data del 6 agosto 1696 è confermata dalle relazioni relative alle Sante Visite effettuate negli anni successivi14 ed anche da quella citata dalla Conte del 1792, servendosi, però, non del documento originale, ma di una citazione di G. Spagnolo, il quale, a sua volta, non fornisce i dati bibliografici identificativi della fonte da lui tenuta presente che viene riportata in un virgolettato non fedele all’originale15. Riporto quanto si può leggere nella relazione del 1792 in relazione all’altare maggiore: “In questo altare vi è Legato di Santo Prato a favore del Clero, col peso di Messe otto così ridotte da celebrarsi in giorno di terza Domenica principiando dal mese di Gennaro, una di dette Messe si deve celebrare nel giorno della festività della Beatissima Vergine, come dal suo testamento a 6. Agosto 1696 presso D. Pietro Greco Not.re Apostolico”16. L’errore del De Marco è stato ripetuto da Gilberto Spagnolo nel citare il De Marco nella sua opera summenzionata, e non è stato nemmeno corretto da E. Conte, che, senza aver visto l’opera del De Marco perché non la cita, si serve dello Spagnolo che cita il De Marco, non copiando inoltre nemmeno bene perché attribuisce, dapprima, una tela raffigurante S. Marco a “san Matteo”, e poi indica come “altare di san Matteo” quello che invece era dedicato a S. Marco17. Riporto testualmente dalla relazione del 1746: “In dicta capella [sic!] adest altare e cornu Evangelij sub titulo S. Marci cujus Icon est in tela depicta”18; nella relazione del 1792 abbiamo: “A destra dell’Altare Maggiore vi è l’altare di S. Marco, la cui immagine è in tela. Non ha pesi, ne[sic!] rendite”19.

Poiché entrambi, lo Spagnolo e la Conte, non hanno visto la fonte primaria, ovvero l’ originale della relazione relativa alla Santa Visita pastorale effettuata a Novoli nel 1746 dal vescovo Scipione Sersale, ma si sono incautamente fidati, il primo del De Marco, la seconda dello Spagnolo, hanno commesso un ulteriore errore indicando in Veronica “Andrano”20 invece di Veronica “Mendrano” la fedele grazie alla quale davanti all’altare maggiore ardeva ininterrottamente una lampada. Riporto testualmente dalla relazione del 1746: “Ante Altare praedictum continuo lucet lampas ex pietate fidelium et pia industria Veronicae Mendrano”21. Il cognome Mendrano ci è anche confermato dalla relazione della Santa Visita successiva effettuata nel 1754 dal Vescovo di Lecce, Mons. Alfonso Sozi-Carafa. Cito fedelmente: “Ante Altare praedictum continuo ardet lampas ex fidelium devotione, et pia industria Veronicae Mendrano”22.

Nel suo articolo Emanuela Conte commette un’altra imperfezione, quando ci riferisce che nella relazione della Santa Visita del 1746 il tetto della chiesa “[…] era coperto da tegole (irmici = embrici)”23.Le cose stanno un po’ diversamente, nel senso che soltanto una parte del solaio era coperta da tegole, mentre un’altra parte era coperta da “pietre quadrate”. Leggiamo, infatti: “E cornu Epistolae secus Altare S. Augustini adest scala lapidea per ascenditur ad solarium Capellae partim lapidibus quadratis et partim tegulis tectum”24. Non è altrettanto completa la notizia riferita da E. Conte, secondo la quale all’epoca della suddetta visita “aveva cura del tempio don Costantino Spagnolo”25, in quanto l’amministrazione della chiesa era affidata anche a Pasquale Elia. Infatti, la relazione testualmente dice: “ad praesens dicta administratio data est anno elapso ab Illmo hodierno Episcopo Rdo D. Constantino Spagnolo, et Paschali Elia hujus oppidi, quibus enixe commendata est cura de praedicta capella [sic] , et de sujs appendicibus, jam fatis, qui ab eo tempore usque modo laudabiliter et studiose suam curam expleverunt”26.

Inoltre, E. Conte, relativamente alla Santa Visita effettuata dal Vescovo Scipione Sersale nel 1746, dice che la chiesa era “alta”27 dodici metri. Questa misura si riferisce alla larghezza e non all’altezza, come del resto riporta G. Spagnolo con la sua citazione del libro di M. De Marco28, il quale ci dà la traduzione libera di parti della relazione della Santa Visita redatta in latino. In realtà, le quote attinenti la lunghezza, la larghezza ed il transetto sono espresse in cubiti. Nella relazione attinente il “Corpus capellae”29 [sic!], abbiamo l’informazione che la chiesa, eretta grazie alle elemosine dei fedeli, “habet longitudinem cubitorum quinquaginta trium circiter, latitudinem vero cubitorum  viginti quattuor […], Brachia crucis aliorum quadraginta in longitudinem”30. Tenendo conto che un cubito corrispondeva a circa mezzo metro, bene ha fatto il De Marco nel tradurre: “[la chiesa] era lunga 26 metri[ = 53 cubiti], larga 12 [= 24 cubiti], le braccia del transetto raggiungevano la misura di 20 metri [= 40 cubiti]”31. Non altrettanto bene, però, si è comportata E. Conte per non aver visto con i propri occhi il documento originale e per aver riportato quanto scritto da G. Spagnolo citando il De Marco senza prestare la dovuta attenzione. Cosicché, tutto il suo lavoro si deve considerare inutile, perché per il lettore è più proficuo rivolgersi direttamente agli studiosi novolesi che si sono occupati dell’argomento piuttosto che leggere citazioni di seconda mano, quali sono quelle di Emanuela Conte.

Ritornando alla questione se, nel 1719, sia stato il Sindaco di Novoli ad aver chiesto al Vescovo di Lecce, Mons. Fabrizio Pignatelli, il permesso di ingrandire la preesistente chiesa della Madonna di Costantinopoli, la ricerca ha dato esito negativo, perché in maniera inequivocabile la relazione della Santa Visita pastorale del 1746 ci dice che la chiesa era già stata ingrandita prima del 1719. Se tale documento fosse stato visto con i propri occhi, G. Spagnolo in primis non avrebbe commesso l’errore di inventarsi una notizia anti storica e non avrebbe indotto a cadere nel medesimo errore quanti, dopo di lui, in modo pedissequo lo hanno seguito. Oltre ad Emanuela Conte nel 2010, anche Antonio Ianne nel numero del 19 luglio 2009 de Lu Puzzu te la Matonna32 ha avuto poca prudenza nel trattare i problemi della Storia, che apparentemente sembrano più facili da risolvere rispetto a quelli matematico-scientifici, ma che spesso si rivelano estremamente ardui se non si è ben attrezzati.

“Ea vero in parte inferiori Chori, olim existent utpote obviam furibus, est cancellis ferreis munita pro executione Decreti lati in anteacta S. Visi:ne de an: 1719. Similiter altera supra arcum majorem imminentem supra altare majus vigore ejusdem Decreti lapidibus obstructa manet”33. Con queste parole nella relazione del 1746 si descrive la porzione della chiesa tra l’altare maggiore ed il Coro sottolineando che nella parte bassa, per difendersi da possibili ladri, essa è munita di cancelli di ferro, mentre la parte alta sovrastante l’altare maggiore è in muratura. E questo perché il Coro serviva anche da sacrestia per i sacerdoti: “Post altare praedictum extat Chorus ad usum Sachrestiae pro sacerdotibus”34. Tutto questo in esecuzione di un Decreto riportato nella precedente S. Visita dell’anno 1719. Di un altro Decreto riportato nella medesima S. Visita del 1719 si parla, dopo aver elencato le suppellettili sacre presenti nel Coro-Sacrestia, a proposito della campana: “Habet suam turrim sacram cum campana librarum centum circiter, recenter fusam fidelium Elemosynis vigore alius Decreti lati in laudata Sancta Visitatione”35. Ulteriore prova che la chiesa era stata già ampliata prima della S. Visita del 1719 l’abbiamo laddove si parla dell’altare maggiore:

“In praedicti altaris medio adest parvum tabernaculum pro reponendo SS. Sagramento in die festivitatis Laudatae B.mae Virginis, quando Populus sacra synaxi refici solet, quod Ill.mus D.nus mandavit odierni, Priori, et Procuratori statim sub poena excomunicationis caemento explere, etiam pro executione Decreti lati in praeterita S. Visitatione, cum decens minime sit in capella rurali servari SS. Eucharistiae Sacramentum. Altare praedictum reperitur in eodem statu, quo repertum fuit in praeterita S. Visitatione de anno 1719 propter superius annotata, et suam habet suppellectilem sacram, ut in inventario inferius […]”36.

Se nella S. Visita del 1746 il tabernacolo fu trovato nello stesso indecoroso stato in cui fu visto nella S. Visita del 1719, tanto che il Vescovo ordinò al Priore ed al Procuratore di provvedere immediatamente, pena la scomunica, di completarlo con rivestimento di marmo, dando finalmente esecuzione ad un Decreto riportato nella precedente S. Visita del 1719, ciò vuol dire che non è stato costruito dopo il 1719. Inoltre, tutto l’altare, nel suo complesso, fu trovato nello stesso stato della precedente S. Visita dell’anno 1719, situazione annotata accanto a quanto indicato relativamente al vecchio altare (“superius”). Il corredo sacro, poi, è elencato nell’inventariato relativo all’altare più recente (“inferius”), costruito con tutta evidenza prima della Santa Visita del 1719, anno in cui per tutti gli elementi sopra riportati la cappella della Madonna di Costantinopoli era già stata ingrandita, ma abbisognava ancora di ritocchi o completamenti, quali l’inferriata per impedire ad eventuali ladri di accedere al Coro-Sacrestia dove erano custoditi gli arredi sacri, la campana ed il tabernacolo che necessitava di rivestimento in marmo. Tutto ciò contrasta con quanto in maniera apodittica, senza portare nessuna prova documentaria, è sostenuto da alcuni (Gilberto Spagnolo, Antonio Ianne, Emanuela Conte), secondo i quali durante la Santa Visita del 1719 il Sindaco del paese di Novoli avrebbe proposto al Vescovo Fabrizio Pignatelli di ingrandire la cappella che, a loro dire, in quell’anno, era piccola, fatiscente e cadente. Inoltre, è sciolto anche il dubbio manifestato da Emanuela Conte e da altri37 prima di lei se la cappella cui accenna il Gallerano debba considerarsi una nuova costruzione oppure un ampliamento della preesistente chiesa notaci per i legati. L’esplicito riferimento all’altare più vecchio nel brano succitato della relazione della Santa Visita del 1746 ci fa capire chiaramente che si è trattato di un ampliamento e non di una costruzione ex novo. Inoltre, la relazione relativa alla Santa Visita effettata a Novoli dal Vescovo di Lecce, Mons. Alfonso Sozi-Carafa, nel 1754, ci informa, allorché ci è data la descrizione del complesso della cappella, che nella chiesa “sedecim extant fenestrae partim caemento occlusae et partim vitris munitae vigore SS. Visitationis anni 1719”38. Ulteriore prova questa che nel 1719 la chiesa era stata già ampliata, ma bisognava aggiustare le preesistenti sedici finestre, alcune delle quali ancora nel 1746 erano prive di vetri tanto che “Verum Ill.mus D.nus Ep.us corpus praedictae Capellae serio considerans, mandavit fenestris apponni vitra”39. I reiterati rinvii alla Santa Visita del 1719 presenti nelle relazioni del 1746 e del 1754 ci inducono, infine, a sostenere che la prima dettagliata descrizione della chiesa della Madonna di Costantinopoli sia stata effettuata, appunto, in detta visita del 1719.

Si tratta ora di stabilire in quale anno prima del 1719 la chiesa sia stata ingrandita. Essendo andate perdute le relazioni delle Sante Visite reali del 1703 e del 171940, che costituiscono i termini post quem e ante quem del presunto miracolo del 1707, gli unici documenti in nostro possesso sono:

a) una relazione della Santa Visita del 1703, riportata, senza indicazione della fonte d’archivio, nell’opera di Enzo Rossi-Ròiss La Madonna col pane in mano, nella quale, dopo una succinta descrizione della cappella di Maria Vergine di Costantinopoli, è detto: “In acta visitationis supradicta cappella adparuit Sindicu huius terrae nomine Universitatis, et pariexit memoriale Ill.mo petens sibi concedenti licentiam riedificandi et reducendi in maiori capacitate enunciatam Cappellam illamque adornandi de suppellectibus necessariis ad celibratione, missarum super quo idem Ill.mus assensum praestitit dummodo post edificationem R.ndus Archipresbyter huius loci relationem faciat ad finem providendi de benedictione praedictae Cappellae facienda. Datum in terra S.ae de Novis in actu p. SS.ae visitationis pastoralis ae die undecima mensis Xbris 1703”41.

b) copia dattiloscritta dell’Apprezzo del Gallerano già citata, sparita dall’archivio della chiesa parrocchiale di Villa Convento (come del resto è sparito dall’archivio di stato di Napoli l’originale), nella quale, come sopra s’è visto, è detto due volte che la chiesa della Madonna di Costantinopoli era stata costruita recentemente.

Se prendiamo per buoni i due documenti, che possiamo considerare apocrifi, e li incrociamo, abbiamo, come termini temporali durante i quali potrebbe essere stata ingrandita la cappella, l’11 dicembre 1703 (data di chiusura del verbale della Santa Visita del 1703) ed il 24 marzo 170742 (data nella quale Donato Gallerano firma il suo documento col quale apprezzava i beni dei Mattei signori di Novoli). Poco più di due anni che, forse, sono stati sufficienti per eseguire i lavori di ampliamento dell’originaria chiesa presso la quale si officiava sicuramente nella seconda metà del 1600, come attestano i legati del 1668 e del 1696.

Concludendo, possiamo affermare che è del tutto infondata la notizia secondo la quale il 19 giugno 1719 il sindaco di Novoli abbia chiesto a Mons. Fabrizio Pignatelli di ingrandire la Chiesa della Madonna di Costantinopoli, che, alla luce dei documenti sopra riportati, fu senz’altro ampliata prima del 1719, anno in cui effettivamente il Vescovo lupiense venne nel nostro paese per effettuare una Santa Visita, ma non il 19 giugno 1719 come apoditticamente è detto da E. Conte e da chi l’ha preceduta (A. Ianne e G. Spagnolo), bensì il 25 novembre 1719. Tanto ci sentiamo di affermare in virtù delle relazioni relative alla visita personale del 25 novembre 1719 effettuata a Novoli, ed alla visita reale del 29 novembre 1719 effettuata a Campi Salentina43. Comunque, saremmo senz’altro lieti, se gli autori succitati

esibissero il documento o almeno ci fornissero le opportune indicazioni bibliografiche/archivistiche che ci permettano di potere consultare la fonte che attesti in maniera inequivocabile che il Vescovo Fabrizio Pignatelli venne in Santa visita a Novoli il 19 giugno 1719.

Nel ripromettermi di tornare sull’argomento, perché da parte mia la ricerca delle fonti relative alla chiesa della Madonna di Costantinopoli a Novoli continua, suggerirei alla Conte e a tutti i giovani miei compaesani, desiderosi di conoscere, di tenere presente che alla base di qualsivoglia metodo d’indagine deve sempre essere costante nella nostra mente il pungolo kantiano racchiuso nel motto “Sapere aude”, col quale il filosofo tedesco incitava gli uomini del suo tempo ad avere il coraggio di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro, perché soltanto operando in questo modo si diventa davvero maggiorenni.

Note

1. PiDiEmme, Peste e Corna in Lu Puzzu te la Matonna, a cura dell’associazione culturale Il Pozzo, coordinatore editoriale Piergiuseppe De Matteis, anno XVII, 18 luglio 2010, Novoli, p.1.

2.  Cfr. E. CONTE, Il tempio di Maria SS.ma a Novoli in Lu Puzzu te la Matonna, op. cit., p.5.

3. Cfr., Apprezzo del feudo di S. Maria de Nove e del feudo di Nubilo o Convento fatto nel 1707 da Donato Gallarano”, copia dattiloscritta, p. 49.

4. IDEM, p. 51.

5. E. CONTE, op., cit., p. 5.

6. IBIDEM.

7.G. SPAGNOLO, La chiesa della Madonna del pane a Novoli, cenni storici, in “Novoli 1707: Una Storia una Fede”, Novoli, 1982, p. 14.

8.Cfr. E. CONTE, op. cit., p. 7.

9.D. GALLERANO, Apprezzo…, op. cit., p. 10.

10.Cfr. ARCHIVIO della CHIESA S. ANDREA di NOVOLI, Platea del Rev. Clero di Novoli, f. 158v.

11.Cfr.: ARCHIVIO CURIA ARCIVESCOVILE di LECCE (in appresso ACAL), Sante Visite, busta 14, fascicolo 28, f. 520r; IDEM, busta 16, fascicolo 30, f. 197r.

12.M. DE MARCO, Storia di Novoli, Roma, 1980, p. 95.

13.ACAL, Sante Visite, busta 30, fascicolo 141, f. 86r.

14.Per esempio, in quella del 1754 effettuata da Mons. Alfonso Sozi-Carafa, di cui riporto il passo: “Adest in eo legatum Sancti Prato favore hujus Cleri cum onere celebrandi missas octo in Dominicis tertijs, incipiendo a tertia Dom.ca Januarii, ex quibus octo una celebrari debet in die festivo pro anima ipsius fundatoris, et cum dote capitalis census sumae [sic per summae] ducatorum triginta, ut ex testamento rog.to die 6 Augusti 1696 per Rev. D. Petrum Greco not.rum Apostolicum” (ACAL, Sante Visite, busta 33, fascicolo 154, f. 68r).

15.Cfr. G. SPAGNOLO, op. cit., pp. 15-16. Il testo originale trovasi in ACAL, Sante Visite, busta 35, fascicolo 196, ff. 34v-36r.

16.ACAL, Sante Visite, busta 35, fascicolo 196, cit.,f. 35r.

17.Cfr. E. CONTE, op. cit., p. 5.

18.ACAL, Sante Visite, busta 30, fascicolo 141, cit., f. 88v.

19.ACAL, Sante Visite, busta 35, fascicolo 196, cit., f. 35v.

20.Cfr. M. DE MARCO, op. cit., p. 95; G. SPAGNOLO, op. cit., p. 15; E. CONTE, op. cit., p. 5.

21.ACAL, Sante Visite, busta 30, fascicolo 141,  cit., f. 88v.

22. ACAL, Sante Visite, busta 33, fascicolo 154, f. 70r.

23.E. CONTE, op. cit., p. 5.

24.ACAL, Sante Visite, busta 30, fascicolo 141, cit., f. 89r.

25.E. CONTE, op. cit., p. 5.

26.ACAL, Sante Visite, busta 30, fascicolo 141, cit., ff. 89v-90r.

27. E. CONTE, op. cit., p. 5.

28.Cfr. G. SPAGNOLO, op. cit., p. 14; M. DE MARCO, op. cit., p. 93.

29.ACAL, Sante Visite, busta 30, fascicolo 141, cit., f. 89r.

30.IBIDEM.

31.M. DE MARCO, op. cit., p. 93.

32.Cfr. A. IANNE, Dalla “cuneddha” al Santuario in Lu Puzzu te la Matonna, anno XVI, 19 luglio 2009, Novoli, p. 2.

33.ACAL, Sante Visite, busta 30, fascicolo 141, cit., f. 89r.

34.IBIDEM.

35.IBIDEM.

36.IDEM, ff.88r-88v.

37.O. MAZZOTTA, Novoli nei secoli XVII-XVIII, Novoli, 1986, p. 155: “Non sappiamo se la chiesa fu costruita ex novo oppure venne ampliata una cappella che era stata eretta nella seconda metà del ‘600”.

38.ACAL, Sante Visite, busta 33, fascicolo 154, cit., ff. 70v-71r.

39.ACAL, Sante Visite, busta 30, fascicolo 141, cit., f. 89v.

40.Tra tutte la relazioni attinenti il paese di Novoli consultabili in ACAL, dal 1627 al 1953, le uniche ad essere scomparse sono quelle delle Sante Visite reali effettuate dal Vescovo Mons. Fabrizio Pignatelli nel 1703 e nel 1719. Di questi anni ci restano soltanto le relazioni delle Sante Visite personali.

41.E. ROSSI-ROISS, La Madonna col pane in mano, Bologna, 1993, pp. 54-55. Ho riportato il testo così come è stato scritto dal Rossi-Ròiss, compresi gli errori ortografico -grammaticali. Per un’analisi critica di questo documento vedi S. EPIFANI, I “talebani” tra di noi, Novoli, 2007, pp. 22-36.

42 D. GALLERANO, Apprezzo…, op. cit., p. 49.

43 In ACAL, Sante Visite, busta 28, fascicolo 126, f. 71v abbiamo: “Secunda Sancta visitatio personalis facta ab ill.mo et Rmo Dmo D. Fabricio Pignatelli die vigesima quinta novembris 1719”; in IDEM, f. 86v, allorché si relaziona in merito all’esame di Don Francesco Greco, si dice “Possidet beneficium […] descriptum in visitazione locali”; per Villa Convento al f. 96r del medesimo fascicolo abbiamo: “[…] ac peracta visitazione locali ecclesiae Sanctae Mariae Gratiarum”; in IDEM, Sante Visite, busta 28, fascicolo 125, f. 1r abbiamo la notizia che, terminata la visita reale a Novoli, il Vescovo Fabrizio Pignatelli con i convisitatori si reca a Campi Salentina: “Die vigesima nona mensis novembris 1719 […] expleruerunt visitationem Parochalis Ecclesiae aliarumque Ecclesiarum oppidi S. Mariae de Nouis”.

Salvatore Epifani

 

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