I Mattei, la fòcara e S. Antonio Abate
Dalla Prefazione
Ho voluto impostare questo libro in maniera un po’ insolita rispetto ai canoni stilistico - letterari propri di un saggio. Intanto, c’è da dire che, da un punto di vista strettamente formale, la forma testuale che ho voluto privilegiare è stata quella epistolare, nel tentativo, da parte mia, di rivolgermi direttamente a tutti quei ragazzi che avranno la bontà e la curiosità di conoscere alcune vicende della storia del mio paese, Novoli, chiamato Santa Maria de Novis nel periodo storico in cui vissero i Mattei che ne furono Signori per quasi due secoli (1520-1706). Ho voluto instaurare una sorta di dialogo con i giovani lettori, ma anche con chi tanto giovane non è più, immaginando di svolgere una lezione di Storia relativa soprattutto ai secoli XVI-XVIII con continue incursioni anche nei periodi precedenti e successivi. Ne è venuta fuori una, forse, troppo lunga lettera aperta nella quale ho cercato, col linguaggio più semplice che occorre adoperare quando ci si rivolge alle giovani generazioni, di fare il punto su alcune questioni molto importanti, almeno secondo il mio punto di vista.
Il titolo in estrema sintesi racchiude il contenuto del libro. I primi due capitoli trattano dei Mattei, dei quali ho voluto ricordare il forte impegno nella cultura e nell’arte riconosciuto loro da tante testimonianze coeve e successive, ma che qualcuno, ai nostri giorni, sta cercando di offuscare presentandoceli come dei terribili tirannelli locali, la cui estinzione sarebbe stata salutata con giubilo dai novolesi erigendo la fòcara quale monumento ad futuram rei memoria della libertà ritrovata per intercessione della Madonna e di Sant’Antonio Abate. Nel terzo capitolo ho voluto ribadire, ancora una volta, quali sono i documenti inconfutabili, vere prove incontrovertibili e fondamentali degli inizi del patronato di Sant’Antonio Abate nel paese di Novoli.
Nell’Appendice documentaria il lettore troverà:
a) copia dattiloscritta delle prime dieci pagine dell’Apprezzo del feudo di S. Maria de Nove e del feudo di Nubilo o Convento fatto nel 1707 da Donato Gallarano che testimoniano della falsità di un articolo del 1955 di Romeo Franchini, secondo il quale nel 1705 l’Università di Santa Maria de Novis si sarebbe solennemente riunita per eleggere Sant’Antonio Abate quale protettore del paese;
b) due tabelle sul fenomeno della schiavitù a Lecce nei secoli XVI-XVII ricavate da un’opera di Amilcare Foscarini da me integrata con altri nomi di schiavi emersi dalle carte dell’Archivio Storico della Curia Arcivescovile di Lecce. Tale integrazione s’è resa necessaria perché ho trovato circa 260 schiavi non riportati dal Foscarini, il cui lavoro è sovente citato dagli studiosi dando un’interpretazione del fenomeno schiavile nella prima metà del XVII secolo a Lecce che non corrisponde alla realtà dei fatti. Nel testo il lettore troverà l’elenco cronologico degli schiavi sfuggiti al Foscarini. Ho riportato fedelmente tra virgolette gli atti di battesimo dei registri della Cattedrale di Lecce, omettendo il nome dei padrini perché non li ho ritenuti importanti nell’economia del presente lavoro. A differenza del Foscarini che racchiuse la sua ricerca tra il 1560 e il 1667, la mia arriva fino al 1830, perché in quell’anno, con la conquista di Algeri da parte della Francia, possiamo considerare finita la guerra di corsa nel bacino del Mediterraneo. Per quanto concerne la bibliografia relativa alla schiavitù, non posso certo dire di aver letto tutto quello che è stato scritto sull’argomento. Del resto non basterebbe un’intera vita per farlo, se è vero che l’opera monumentale di J. Vogt – N. Brockmeyer del 1971 Bibliographie zur antiken Sklaverei comprende ben 1707 voci, alle quali bisogna poi aggiungere la altrettanto sterminata produzione sul Medio Evo e l’età moderna. Le mie letture, tuttavia, sono state molto più ampie di quanto non appaia in questa mia opera, nelle cui note ho preferito citare i lavori che, secondo me, sono di maggior rilievo o i più conosciuti e più accessibili per motivi di lingua.
Novoli, luglio 2014. Salvatore Epifani